"The Wolf of Wall Street"
Appunti Cinefili di Togni "Thanatos" Aronne
Per arricchire questo blog, salvandolo (si spera) dal rischio di una morte prematura, io e il mio socio abbiam deciso di darci vicendevolmente la libertà di pubblicare pensieri anche individualmente.
Inauguro quindi questa sorta di "rubrica" di miei appunti post-visioni cinematografiche, così tanto per fare spacciandola per seria adottando senza però dovermi sbattere più di tanto perché poi comunque l'albume non esce.
Vado di appunti, con un'unica (?) premessa 'coerente' (ovvero come sorta di 'chiave di lettura' delle mie opinioni, che invece saranno sparpagliate per il motivo che dirò ora): come quasi tutti i Film di Scorsese, almeno degli ultimi tempi, la prima visione mi colpisce violentemente di dubbi impossibili per me da risolvere con un 'giudizio' complessivo. Sostanzialmente sono sicuro che comunque ci troviamo di fronte minimo ad un ottimo Film, molto personale e tutt'altro che banale, e probabilmente nemmeno io griderei al Capolavoro, soprattutto perché manca la distanza minima per valutare in modo equilibrato l'eventuale importanza dell'opera, ma in ogni caso Scorsese secondo me non ha più bisogno di realizzare Capolavori per continuare ad essere studiato come il Maestro del Cinema che è. Per questo motivo non riuscirei, qua, a costruire una "recensione articolata" (che comunque da qualche tempo mi capita raramente di costruire, anche per Film già visti e apprezzati) senza forzare le mie opinioni. Ma andiamo con gli appunti che, probabilmente, amplierò man mano.
·Śostanziale 'imparzialità' o, meglio, sguardo Relativista di Scorsese: ho visto comunque una presa di posizione fortemente critica contro la folle avidità del capitalismo neo-liberista, ma non c'è una aperta condanna nei confronti di questi broker e in particolare di Belfort, anche se secondo me chi parla di apologia nel finale si è fermato ad un'interpretazione piuttosto superficiale. Scorsese non giudica, come non ha mai giudicato nessuno dei suoi protagonisti negativi, ma questo non significa che approvi i comportamenti del personaggio. Anzi, come in "Goodfellas", anche qua si mostra (giustamente, al di là degli atti compiuti) come gesto sostanzialmente poco 'simpatico' (per essere 'gentili') il gesto dell'infamia ('to rat', ovvero far la spia), pur tradendo in parte l'accordo con l'fbi. Ma anche l'agente dell'fbi non è mostrato in una luce positiva: alla fine, nel suo viaggio in metropolitana, il suo accanirsi su Belfort sa molto di vendetta personale, citando (a sproposito) Gaber di odio per il potere (economico) «soltanto per invidia», e non per senso etico di giustizia.
→In sostanza, comunque, l'assenza di un giudizio moralistico da parte di Scorsese risponde non tanto ad una visione ottimistica e buonistica del mondo quanto all'idea che non esistano persone veramente buone, ma si parla di un pessimismo sostanzialmente sereno (io, personalmente, troverei orribile un mondo dove tutti sono buoni e zuccherosi).
·Si riprende la narrazione in prima persona di "Goodfellas", adottando pure lo strappo alle convenzioni cinematografiche dello 'sguardo in camera', che qua a differenza del Film con Liotta viene inserito come stratagemma fin dai primi minuti.
→La costruzione del biopic non segue i più triti (e noiosi) modelli, raccontando la solita storiella agiografica con musiche commoventi e una narrazione sostanzialmente lineare, magari con flashback purché convenzionali: già la scelta di una vita tutt'altro che encomiabile (qualsiasi sia la visione sociale del pubblico, dall'anti-capitalista più sovversivo al sostenitore della bontà di fondo del capitale purché gestito in modo democratico e legale) rende praticamente inutilizzabile la 'carta' dell'agiografia (e la godibilità sale). In aggiunta, come nel già citato "Goodfellas" o in "Casino", la vita del protagonista viene raccontata concentrandosi su scene che il pubblico, la critica e la teoria cinematografica più classici (e a parer mio più noiosi) riterrebbe inutili: non c'è un'idea di consequenzialità delle varie sequenze, ma anche nella vita non c'è questa consequenzialità, e il film vuole appunto mettere in scena, tra le varie cose, anche la banalità della vita quotidiana, a cui gli 'eccessi' e le stravaganze cercano di dare risposta arrivando però a creare solo dipendenze che, poi, portano a rendere banali le situazioni potenzialmente più 'eccitanti'. E questo è un altro aspetto decisamente in linea con la Politica di Scorsese.
Togni Aronne
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